mercoledì 1 ottobre 2008

Rincaro dei generi alimentari? Vediamo che fare

I rincari che hanno subito nell’ultimo anno alcuni generi alimentari tra i più diffusi - pasta e pane in primis - sono sotto agli occhi di tutti. Non c’è nemmeno bisogno di leggere i quotidiani o guardare un telegiornale: basta recarsi nel primo negozio e guardare i prezzi della merce esposta, e poco importa che sia la bottega di paese o il mega ipermercato di periferia. Sulle cifre è guerra aperta, ma se volete farvi un’idea degli aumenti subiti dai generi alimentari nel 2008 vi consiglio una visita al sito di Federconsumatori (www.federconsumatori.it) - che dichiara per il pane aumenti compresi tra il 16 e il 30% in media. Questi aumenti sono dovuti in primo luogo all’impennata dei prezzi delle materie prime verificatasi nei primi mesi dell’anno, senza contare che anche il costo dei trasporti, a seguito del rincaro del barile di petrolio sui mercati, incide in misura maggiore.
Ma quali sono i motivi di questo aumento di prezzo del grano?

Del surriscaldamento globale conseguenza dell’inquinamento del pianeta, verrebbe da dire. Sbagliato. Se è vero che da un lato le mutate condizioni climatiche danneggiano e riducono i raccolti - "grazie" all’alterazione del ciclo delle stagioni e delle piogge e a eventi naturali imprevedibili e di violenza accresciuta rispetto al passato - è anche vero che in larga parte è la libera scelta dell’uomo a regolare la produttività di un terreno agricolo. In primo luogo, decidendo se coltivarlo o meno. Sembra un’ovvietà ma non lo è: la continua domanda di certi generi alimentari a livello mondiale, che cresce di pari passo con la crescita della popolazione (e quella pare proprio inarrestabile!), porta i distributori a chiedere sempre più ai produttori - che, vale la pena di ricordarlo, sono in gran parte i paesi del Sud del Mondo, la parte più povera del pianeta - i quali, messi alle strette dalla necessità di garantirsi il sostentamento, scelgono di sfruttare i terreni senza lasciargli il tempo di rigenerarsi e utilizzando indiscriminatamente fertilizzanti e pesticidi chimici, e condannandoli così all’improduttività nel medio periodo.
Ma il continuo aumento della domanda non deriva solo dalla crescita del numero dei consumatori di queste materie prime o dalla diminuzione dei terreni produttivi: si mettono in mezzo anche gli speculatori finanziari, che proprio come succede con le azioni delle società quotate in borsa, comprano enormi quantità di materie prime (anzi, ad essere precisi opzionano i raccolti futuri), "svuotando" il mercato e facendo di conseguenza lievitare la domanda. E il peggio è che spesso queste materie prime non finiscono nelle reti di vendita ma vengono messe da parte per essere rivendute a più caro prezzo quando ce ne sarà maggior bisogno.

Ecco perché la notizia della prossima nascita a Milano della Borsa Telematica Agroalimentare Mondiale, un progetto collegato all’Expo del 2015, può farci ben sperare. Sulla carta la nuova borsa merci dei prodotti alimentari dovrebbe infatti essere uno strumento utile per calmierare i prezzi, avvicinare domanda e offerta, garantire rapporti stabili tra produttori e venditori, consentendo inoltre ai primi di programmare la produzione in base alle opzioni comprate dai secondi, e ai secondi di poter assicurare una maggiore trasparenza sui prezzi al consumatore finale.
Si configura insomma come un canale diretto tra domanda e offerta, un modo per "accorciare la catena" ed eliminare i passaggi intermedi tra produttore e consumatore finale che, come sappiamo, sono la causa principale della crescita esponenziale del prezzo di una merce nel suo percorso dal campo allo scaffale del negozio.
Non da ultimo, dovrebbe offrire la possibilità ai piccoli produttori di ricavarsi un piccolo posto al sole nel mercato globale, grazie alla possibilità di contrattare alla pari con l’acquirente senza l’interposizione di un imprecisato numero di intermediari.
E la speculazione? Sarà un lontano ricordo, assicurano gli ideatori del progetto (tra cui Comune di Milano e Borsa Merci Telematica Italiana), poiché si tratterà di una borsa merci in cui verranno scambiati prodotti reali, non finanziari. Al centro ci sarà la merce, e produttore e acquirente tratteranno alla pari e in tempo reale il suo prezzo.

La nostra tavola è dunque in balìa del clima, delle grandi multinazionali e delle decisioni politiche? Non del tutto.
Ci sono dei piccoli accorgimenti che possiamo prendere sin da oggi per far fronte ai rincari dei generi alimentari e al contempo contribuire attivamente a portare il pianeta verso uno stile di vita più sostenibile, indirizzato verso i consumi consapevoli.
Innanzitutto, accorciamo la filiera, di modo che sia più corta possibile. Il pane aumenta? Bene, facciamolo in casa. Con acqua, lievito e farina, proprio come lo facevano le nostre nonne. Oltretutto siamo molto più facilitati di loro: oggi ci sono farine già pronte all’uso, provviste della giusta dose di lievito, per produrre pane di tutti i tipi e per tutti i gusti; e non dimentichiamoci della "macchina del pane", che certamente ha un costo, consuma energia per funzionare e ne ha consumata per essere prodotta, ma nel medio periodo è un’investimento che si ripaga facilmente, considerando i prezzi in continua crescita del pane, e inoltre consente di eliminare tutti i costi derivanti dalla filiera (trasporto, confezionamento, vendita ecc.), con beneficio per l’ambiente oltre che per le nostre tasche.
Volete sapere nel dettaglio quanto si risparmia rispetto al pane comprato in negozio? Se ne parla concisamente ma in maniera interessante a questo link, dove potete trovare le riflessioni di chi ha fatto "i conti della serva" . E a quest’altra pagina, conti alla mano, si dimostra che il risparmio per gli assidui mangiatori di pane può arrivare anche a cifre prossime ai 1000 euro annui...
Se non avete mai sentito parlare in vita vostra della "macchina del pane" e volete farvi un’idea in proposito, vi consiglio di leggere questo articolo, mentre qui si parla degli ingredienti principali.

Sempre in tema di filiera corta e consumi consapevoli, non si può che sostenere l’invito generalizzato a riscoprire i "vecchi" metodi per fare la spesa: mercati rionali, comunali, all’ingrosso, aziende agricole, fattorie, agricoltori che vendono al minuto... Una qualsiasi di queste forme è un passo avanti nell’ottica di eliminare i costi aggiuntivi dovuti a distribuzione, trasporto, confezionamento e via dicendo.
Comprando i generi alimentari sfusi, come si faceva una volta, c’è poi la non trascurabile possibilità di utilizzare contenitori che già abbiamo in casa (uno qualsiasi tipo Tupperware va bene) piuttosto che acquistare vaschette usa e getta e confezioni varie, quasi sempre di plastica, e servirsi di borse di tela per trasportare la spesa invece di quelle in vendita al supermercato, riducendo la nostra quota di rifiuti nel tempo stesso che si risparmia qualche soldo.
Per gli aficionados del supermercato c’è comunque la possibilità di servirsi dei distributori che stanno spuntando in numero sempre maggiore - siano essi di detersivo, pasta, legumi, cereali ecc. - eliminando una notevole quantità di plastica senza rinunciare alla comodità del self-service, e risparmiando pure qualche centesimo.
Per iniziare a introdursi in questo mondo, consiglio di partire dal sito di Campagnamica (www.campagnamica.it), dove potrete anche trovare l’elenco delle aziende agricole italiane che vendono direttamente al pubblico; in questo nostro articolo spieghiamo invece dove e come rifornirsi di prodotti alla spina.
Altre informazioni molto interessanti si evincono dalla lettura del blog della giornalista della BBC Chris Jeavans, che ha provato a vivere per un mese senza plastica: leggete voi stessi quante scoperte ha fatto in tema di spesa sostenibile... (http://www.bbc.co.uk/blogs/monthwithoutplastic/)

(pubblicato su Yes.life il 12/09/2008)

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